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"Un po' possessivo"

“Un po’ possessivo”

Il padre di Filippo Turetta, in risposta a una domanda di un giornalista dichiara:

“Mio figlio era un po’ possessivo, ma non in modo patologico come lo

descrivono. Era geloso come lo sono i ragazzi a quell’età, non in modo da farci

allarmare, insomma”

La mia domanda sorge spontanea: oltre quale soglia scatta questo fantomatico

allarme? Perché lo sappiamo: il primo strattone non è un segnale sufficiente.

Non lo è il primo livido. Non lo è il primo “Tu sei mia e vestita così non puoi

uscire”. Non lo è la prima denuncia. Non sono sufficienti. L’allarme non

risuona, nessuno percepisce l’emergenza.

Servono le sirene delle ambulanze, quelle sì che risvegliano tutti. È ammissibile

che siano solo quelle ad allarmare ? Non bastava quell’ “un po’ ”?

Come se, poi, si potesse parlare di “poco”. Un po’ possessivo, un po’ ’ geloso.

In altre parole: un po’ violento, un po’ femminicida. Quel “poco di possessione”

basta a renderti tale. Un femminicida di cui i giornalisti italiani hanno tante

belle parole da raccontare: un ragazzo “molto mite, buono e amorevole con

tutti” che le “preparava i biscotti”.

Altri, invece, scelgono la strada del mito dell’eccezionalità; lo allontanano dalla

quotidianità e lo descrivono come “un mostro”.

Filippo Turetta non è un mostro, e nemmeno il ragazzo d’oro che prepara i

biscotti.

Filippo Turetta è un uomo. Un uomo e basta.

Un uomo che ha avuto la presunzione di stabilire che la laurea Giulia

Cecchettin non la poteva ottenere prima di lui; che una vita felice Giulia

Cecchettin non la poteva vivere senza lui; che una relazione Giulia Cecchettin

non la poteva avere se non con lui.

Un uomo, niente di lontano ed eccezionale. Un uomo e basta.

È un uomo, un uomo a cui è stato detto, dalla famiglia e dalla società, che quel

“un po’ ” andava bene, che era “normale”.

E intanto quegli “un po’ ” ci continuano a uccidere.

Tutti sapevano, nessuno ha fatto nulla. Tutti sanno che ogni due giorni in Italia

una donna viene uccisa, ma nessuno fa nulla. Tutti sanno che ogni 15 minuti

una donna in Italia è vittima di violenze, ma nessuno fa nulla. Sono numeri da

genocidio. Un genocidio che sta avvenendo qui e ora. Niente di lontano dalla

nostra quotidianità. Spero che il nome di Giulia Cecchettin non si tramuti in un

semplice numero che alimenti terrificanti statistiche e niente di più. Non

lasciamo che avvenga ancora questo.

Non dimentichiamola, non dimentichiamoci di nessuna delle vittime di un

sistema che va completamente raso al suolo. A partire da quegli “un po’ ”.


Beatrice C. A. Luongo

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