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  • Immagine del redattoreRedazione Sisma

Un animo di Cesare nell’anima di una donna

Emblema del femminismo internazionale, paradigma della sofferenza, ma anche dell’affermazione e dell’indipendenza della donna. Negli anni Settanta raggiunse l’apice della sua popolarità: associazioni e cooperative le furono intitolate. A Berlino, un albergo in suo nome accoglieva solo donne. Questa è Artemisia Gentileschi. Un modello da citare e da ricordare quando si analizza la “cultura dello stupro”, quella che comprende tutti gli atteggiamenti che tendono a giustificare e rendere normalità le violenze sessuali. Tanto fondamentale fu il processo che la vide come protagonista, che la sua attività artistica venne quasi completamente eclissata. Sono pochi e insufficienti gli accenni all’Artemisia artista d’eccezione, trascurata persino dagli storici suoi contemporanei. Artemisia Gentileschi non è la violenza che subì, perpetrata da Agostino Tassi, disgustoso personaggio (non a caso era soprannominato lo “smargiasso”) che frequentava la sua casa. Non è l’umiliante “visita” ginecologica che fu costretta a sopportare per determinare lo stato della sua verginità. Non è il processo che in realtà venne fatto a lei, alla sua parola.

Ma chi è, allora, Artemisia Gentileschi?

È la “pittora”, nata tra tele e colori, che ha riempito di arte i suoi polmoni sin dalla tenera età e che ha “espirato” il suo primo profetico capolavoro, Susanna e i Vecchioni, non ancora maggiorenne. In questo sono evidenti gli insegnamenti del padre Orazio: raffinata è la modulazione di luce e ombra, disciplinato è il disegno anatomico e, soprattutto, delicato e complesso è l’accostamento dei colori.

Artemisia è l’abile artista che emergerà come identità indipendente ed autonoma; l’unica capace di fare proprio il naturalismo del “teatro” caravaggesco e addirittura di accentuarne gli aspetti orrorifici, nel suo Giuditta che decapita Oloferne.

Artemisia è colei che verrà ammessa nell’Accademia del Disegno, la prima donna in assoluto.

Artemisia è colei che sarà capace di realizzare un nudo femminile così realistico e così carnale, l’Inclinazione, che il bisnipote di Michelangelo Buonarroti dovrà coprirlo con dei panneggi.

Raffigurò i soprusi subiti da lei e dalle donne nel Seicento, ponendo la condizione femminile al centro delle sue opere. Le protagoniste dei suoi dipinti sono eroine bibliche: si ribellano con veemenza e intensità a una figura maschile che prova a soggiogarle, a sottometterle. Questa è Artemisia Gentileschi, una donna la cui esistenza fu vissuta intensamente fino al momento della sua morte, a Napoli. È proprio a Napoli che, dal 3 dicembre 2022 al 20 marzo 2023, le Gallerie d’Italia ospiteranno una mostra a lei dedicata. Realizzata con la collaborazione della National Gallery di Londra, il Museo e Real Bosco di Capodimonte e l’Archivio di Stato di Napoli, presenterà una selezione di opere provenienti da raccolte pubbliche e private, italiane ed internazionali; verrà analizzato in profondità il periodo napoletano, l’ultimo della sua straordinaria carriera.


Beatrice C. A. Luongo

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