Questo mese vi presentiamo la vita di Ray Charles, nome d’arte di Ray Charles Robinson (Georgia, 1930-Beverly Hills, 2004), cantante e pianista soul afroamericano, celebre per il suo talento al piano nonostante la sua cecità, dovuta a un glaucoma.
L’artista non ebbe un’infanzia molto allegra: da piccolo Ray viveva con sua madre e suo fratello George in una cittadina della Florida. A soli 5 anni assistette alla morte di George, affogato in una tinozza per il bucato. In seguito, cominciò a perdere la vista, come già detto, probabilmente a causa di un glaucoma; di lì a pochi mesi la perse del tutto, di conseguenza dovette frequentare una scuola per non vedenti dal 1937 al 1945. Qui imparò a suonare e comporre, iniziando a scoprire il suo talento. Purtroppo, proprio in quel periodo, venne a mancare anche sua madre.
Successivamente Ray cominciò la sua scalata verso il successo, pur dovendo fare i conti con le difficoltà dell’essere di colore e cieco nel Sud degli USA negli anni ’40, e lottando per ottenere ciò che voleva. Iniziò col suonare nei locali in una band chiamata The Florida Boys, per poi trasferirsi a Seattle e cominciare a incidere dischi già nel 1947. Con l’avvento dei primi successi, con singoli come "Baby, Let Me Hold Your Hand", per evitare possibili confusioni con il pugile Ray Robinson, dal 1951 utilizzò il suo secondo nome, facendosi chiamare Ray Charles.
Agli inizi della sua carriera Ray adottò molto lo stile di celebri artisti dell’epoca come Nat King Cole e Charles Brown, ma finalmente, dopo qualche anno, riuscì a creare un suo sound personale, miscelando inizialmente Gospel e Blues (cosa per cui ricevette diverse accuse di blasfemia).
Continuò poi a riscuotere successo coniugando sonorità dall’R&B e country, al Vocal jazz e piano blues, fino al soul blues.
Negli anni ’60 Ray si convinse a sostenere le proteste contro la segregazione razzista, e si rifiutò di suonare in un locale in Georgia, davanti a un pubblico razzista, beccandosi una denuncia e il totale divieto di esibirsi nello stato. La revoca di tale divieto avvenne solo nel 1979, momento che lui ha definito come “il più bello della sua vita”.
Già dagli albori della sua carriera, Ray sviluppò una dipendenza da eroina, che gli costò numerose denunce e accuse nel corso della sua vita, finché, nel 1965 in una clinica di Los Angeles, riuscì a disintossicarsi, dopo un lungo e difficile percorso, e a riconciliarsi con sé stesso per non essere riuscito a salvare suo fratello.
In seguito pubblicò diversi successi, vincendo numerosi Grammy Awards, e nel 1980 apparve in "The Blues Brothers", di John Landis; ovviamente, non mancarono numerosi flop, perché la vita non può sempre andare bene dopo tutto.
Purtroppo, a causa di una malattia al fegato dovuta alla droga, Ray morì il 10 giugno 2004 e fu sepolto nel cimitero di Inglewood, in California.
Un anno dopo il suo decesso è stato realizzato il film Ray (2005) (che vi consiglio vivamente), un biopic piuttosto accurato sulla sua vita, con Jamie Foxx (Django Unchained) nei panni dell’iconico artista che ha segnato un’epoca.
Di Luciano Molfini
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