Come nasce una passione?
Questa, secondo me, è la domanda che regge la trama di Nuovo Cinema Paradiso, uno dei più importanti film del cinema italiano e, in generale, uno dei capolavori della cinematografia internazionale.
Questo è il film, il primo di molti, con cui il grande regista Giuseppe Tornatore si fa conoscere in tutto il mondo; tra il 1988 e il 1990 portò il nostro paese sul grande schermo, facendolo conoscere con un successo che verrà eguagliato solo da Benigni con la Vita è Bella qualche anno dopo. Lo fece senza nascondere i difetti che lo attanagliavano, ma anzi prendendone atto e addirittura facendone la propria forza.
Il film narra di Salvatore Di Vita, un uomo di successo, un regista per la precisione, che viene a sapere una notte della morte di un certo Alfredo. Potremmo, a questo punto, chiederci se ci siamo persi qualcosa, ma ogni cosa a suo tempo. Salvatore, infatti, deve ora tornare a casa, un piccolo paesino siciliano, per i funerali, ma lui non è più tornato dalla sua famiglia da quando è partito per Roma anni e anni prima. Ecco, questo offre il pretesto perfetto per la storia, la cui componente principale sono i flashback.
Qui possiamo assistere, anzi, vivere la vita del piccolo Totò, che abita con la madre e la sorella durante il secondo dopoguerra, aspettando invano un padre partito per la Russia. Ma perché questa storia è così affascinante? Diamine, siamo a quasi 250 parole di articolo (o mezz’ora di film, se intanto lo state guardando) e ancora non si capisce cosa significhi la domanda che apre questo scritto. Quando ecco, Totò entra di soppiatto in un cinema, e il luccichio nei suoi occhi risponderà a tutte le domande del lettore. Il bambino si innamora da subito del “cinematografo”, tanto da mettersi in continuazione nei guai pur di aiutare il solitario funzionario a girare la manovella (sì, perché al tempo si parla ancora di pellicola e manovella). Il funzionario solitario si chiama Alfredo (se non vi dice niente riguardate il paragrafo precedente).
È così che la storia andrà avanti, presentandoci la vita di Totò: piena di amori, delusioni, speranze, birbanterie, una fedele rappresentazione di adolescenza, insomma, il tutto però sempre accompagnato da due costanti: l’amicizia (inizialmente tribolata, poi imprescindibile) con il vecchio Alfredo, e soprattutto, come avrete capito, la passione per il cinema.
Quella per il Cinema è una passione che Salvatore coltiva per tutta la vita, nonostante le intemperie della vita, le delusioni amorose e perdite, lui ha sempre in quel vecchio cinematografo un’ancora di salvezza, di certezza, e ogni volta che guarda lo schermo è proiettato in un altro mondo ed è di nuovo bambino, e tutti quelli con la passione per il cinema (come voi che state leggendo questo articolo, spero) condivideranno, per certi versi, quel sentimento e si sentiranno anche loro un po’ Salvatore.
Ma guardatevi bene dal pensare che il cinema, per Totò, sia solo evasione. Dal cinema lui trae insegnamento, esempio. E nonostante il dover fare patti con la realtà (“la vita nun è come l’hai vista al cinematografo. ‘a Vita è chiu’ difficile”) il suo amore non è meno forte: nonostante tutte le avversità continuerà a coltivare quella passione nata tanti anni prima, nel vecchio cinematografo di una vecchia cittadina della vecchia Sicilia, senza mai guardarsi indietro la vedrà sbocciare e diverrà un regista celebre in tutta l’Italia.
Ed eccoci di nuovo all’inizio, con un signore cinquantenne che torna a Roma, a fare ciò che sa fare meglio. Noi siamo un po’ più ricchi di prima, grazie alla sua storia, ma anche lui, ve l’assicuro, ha trovato quel qualcosa che gli mancava (se vi dicessi altro vi rovinerei la visione, vi pare?), grazie a un viaggio nei ricordi di un ragazzo, accompagnati dal tocco magico del MaestroEnnio Morricone e di un regista, Giuseppe Tornatore, che ha appena iniziato a stupire tutto il mondo con il suo genio e con la sua cultura.
~Luciano Molfini
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