“Fammi il ritratto. Io forse morrò presto, non ho figli; ma non voglio morire del tutto, voglio vivere ancora. Sai fare un ritratto che sia proprio come vivo.”
Queste sono le parole dei personaggi che animano i racconti di Pietroburgo. Uomini, donne, ragazzi e ragazze grotteschi, unici nel loro apparire ed esistere.
Nikolaj Gogol’ è uno degli esponenti più celebri della letteratura russa dell’ ‘800. I suoi lavori hanno radici ben salde nella tradizione ma rami pronti a diramarsi nel cielo verso la trascendenza dell’animo umano.
“Le anime morte” è uno dei suoi scritti più celebri, ma mai sarebbe nato se il grande Gogol’ non si fosse cimentato in alcune esperienze letterarie antecedenti.
Si tratta di cinque opere che l’autore russo scrisse tra il 1835 e il 1840 e che solo successivamente alla sua morte furono raggruppati in un unico lavoro intitolato “Racconti di Pietroburgo: Il naso, Il ritratto, La Prospettiva, Il giornale di un pazzo e Il mantello”.
La lettura è evocativa e ci conduce in un'esperienza quasi reale di appartenenza alla vita pietroburghese, fra salotti, botteghe, luoghi d’arte e palazzi. La grande Pietroburgo è scenario di peripezie e nuove storie; sarà proprio tra i tanti canali della “Venezia dell’Oriente” che si svolgeranno le avvincenti vicende dei personaggi in un susseguirsi in rapido divenire.
La Prospettiva Nevskij, via eterna che nessun abitante di Pietroburgo sarebbe in grado di “barattare” «contro tutte le felicità del mondo» Gogol ce la racconta in tutti i momenti del giorno, all’alba «quando tutta Pietroburgo odora di pani caldi appena sfornati ed è piena di vecchie in abiti e mantelli a brandelli», ma anche al crepuscolo, nel momento in cui «le tenebre cadono sulle case e sulle strade, e il vigile s’arrampica sulla scala per accendere i lampioni» e la Prospettiva «di nuovo s’anima e ricomincia il movimento.».
Essa è un succedersi di fotogrammi dei vissuti intriganti dei personaggi.
Pare di Sentire il mormorio delle voci dei passanti fluttuare nell'aria come le onde del fiume sacro ai russi, animato dalla Prospettiva, emblema della stessa Pietroburgo se non della Russia intera.
“La prospettiva” è forse uno dei racconti più importanti e famosi che diventerà sfondo di vicende amorose, intrecci intriganti, incontri e storie tra i personaggi grotteschi. Nel racconto Gogol’ concentrerà la sua attenzione sui due amici Piskarev e Pirogov entrambi in cerca di una donna, impresa destinata alla rovina.
“Il naso” è un racconto in chiave grottesca ed umoristica. Il protagonista girerà l’intera Pietroburgo alla ricerca del suo naso, che però si farà trovare solo alla fine della vicenda; una caccia al tesoro simbolo della ricerca ossessiva di se stesso.
“Il ritratto” narra le avventure di un quadro che un pittore acquista per venti copechi in una bottega colma di cianfrusaglie e quadri celebrati come «la massima parte a olio (…) coperti da una vernice verde cupo, incorniciati d’un oro falso e ingiallito.» il quadro diventerà fonte di grande ricchezza per il padrone che, a sua volta influenzato dai soldi e dalla fama, sarà soggetto ad una rabbia distruttiva che lo porterà alla deriva.
“Il giornale di un pazzo” è il racconto in prima persona di Popriščin; si tratta di un viaggio nell’animo del personaggio, che inizia con una narrazione lucida per poi sfociare nell’abisso della follia.
Ne “Il mantello”, Bašmačkin è un uomo solo ed escluso dalla vita sociale, egli si trova costretto a dover comprare un nuovo cappotto, che gli verrà rubato; tale evento gli permetterà di essere felice per una notte; infatti, pur essendo un avvenimento così banale per la società, sarà da lui interpretato come un segno della sua condizione miserevole. Quest’ultimo racconto ci permetterà ancora una volta di “guardare altri con occhi” una nuova prospettiva della società pietroburghese, ora intrappolata in un rigido classicismo.
“Racconti di Pietroburgo” è un vortice nel quale si viene catapultati, animato non da semplici personaggi, bensì da uomini reali che ogni giorno percorrono le vie di quest’eterna città alla ricerca di un equilibrio, continuamente turbato dalla follia dell’animo che fa precipitare i personaggi, afflitti da irrequietezze, da insicurezze, e da un senso di inadeguatezza, nel vortice della perdizione. Čartkòv avrebbe fatto bene a gioire della semplicità del focolare domestico condiviso con la sua Nikita nel godimento della straordinarietà della vita quotidiana, semplice, meravigliosa e non più illusoria come una passeggiata lungo la Prospettiva Nevskij.
Maria Martone
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