Eccitazione.
Ragazzi appena diciottenni, che fremono per poter combattere per la propria patria, sono esaltati, allegri. Coraggiosi, gli vien detto, arditi, ma in realtà solo ingenui, perché se anche dicono di essere pronti a morire per il loro Kaiser, quella a cui pensano non è la vera morte. Qualche dubbio si innesta già ora (“c’è un’etichetta su questa uniforme, che qualcuno l’abbia indossata prima di me? Dov’è questo qualcuno ora?”), ma è soffocato sul nascere dalla valanga di entusiasmo, incoraggiata in nome dell’amato Kaiser. Un maiale non va al macello con meno ingenuità, né tantomeno con più umiltà.
Realizzazione.
Beh, lo sforzo fisico, la fatica, un tenente severo, quello in fin dei conti era prevedibile, ancora non basta a sfiancare l’entusiastica fiducia nello sforzo bellico. A quello ci pensano le trincee. Feriti mutilati, superiori dagli occhi spenti che ti vedono come solo di passaggio (per migliaia in effetti è così) e danno compiti ingrati, indegni dell’eroe quale volevano essere. Non manca qualche veterano in cui si scorge ancora un barlume di umanità, che offre la sua esperienza e la sua amicizia. Ma le bombe non sono altrettanto amichevoli, e un nuovo amico non può sostituire quello appena perduto.
Illusione.
Sono passati 18 mesi, un tempo più che sufficiente a fraternizzare con i commilitoni. Per un po’ si mette da parte l’orrore, si dimenticano rispettosamente (oh, con dolce onore, ovviamente) i caduti, e allora si può ridere, scherzare, amare. Che amino loro per gli altri 40.000 ragazzi, che solo quel mese (novembre 1918) non avevano più avuto occasione di farlo. E finalmente qualcosa si muove, Matthias Erzberger ha con sé una bella lista di nomi, dei bei numeri, perché è questo ciò che piace all’altocomando. Forse questa volta i numeri basteranno a convincerli.
Caduta.
Ma c’è un limite alle illusioni che l’uomo può frapporre tra sé e gli orrori del mondo, figuriamoci quando il mondo è una guerra. Il Generale è un “soldato”, deve comportarsi come tale, dar battaglia. E dunque via, ragazzi, fuori dalle trincee, conquistate i duecentosedici metri (la settimana scorsa ne abbiamo persi solo centonovanta!), il generale rimarrà a guardarvi dalla sua reggia, tanto non andrete oltre l’orizzonte prima di 150 anni, di questo passo. Qui si conosce il vero volto della guerra. La morte che avevano in mente quando erano fanciulli ingenui? Quella era l’antica menzogna, la morte è questa, è orrore, sofferenza, è materia. La morte è semplicemente il nulla. Oh,ma la morte non è il peggio su questa terra. L’impotenza contro una scatola di ferro cingolata armata fino ai denti, la paura verso la versione degenerata di un accendino, una stampella. Ciò che c’è di peggio, la guerra lo porta lo stesso, e fa desiderare la morte pur di porre fine all’agonia, pur di andarsene con un ricordo più o meno sano della propria persona. Ma forse al Comandante francese Ferdinand Foch interesserà trattare, forse anche a lui piaceranno i numeri di Erzberger. Come non detto, ma l’Alsazia e la Lorena sono un prezzo ragionevole per delle vite umane?
Tempo.
Alle 11:00 di oggi entrerà in vigore l’armistizio! La guerra è finita! Ma la resa è amara al palato del generale, forse Sun Tzu non si intende bene in tedesco, forse si preferisce un Caesar, un Kaiser. A proposito di quest’ultimo, forse non era chissà che sovrano, ha appena abdicato. Ad ogni modo ora importa una sola cosa per il generale: quel metro in più. Ora non è più questione di eroismo, di patriottismo, di forza di spirito: ora è una lotta contro il tempo.
Tic
Tac
Tic
Tac
~Luciano Molfini
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