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Immagine del redattoreRedazione Sisma

Le quattro giornate di Napoli

L’estate si avvicina, finalmente, ma con essa anche gli esami, per chi li ha. Lo stress è tanto, ma noi vi offriamo una pausa, un modo per non pensare, pensandoci, per un paio d’ore, non di più. E dunque sedetevi sul divano, sul letto, ovunque vi sia comodo, e dite a vostra madre che state “studiando” guardando le Quattro giornate di Napoli.

È, questo, un film da sentire profondamente vicino: i protagonisti sono nostri concittadini, potrebbero essere nostri parenti, i luoghi sono quelli che percorriamo ogni giorno, ma sono qui resi irriconoscibili dalla guerra.

E già il termine guerra non è del tutto corretto, poiché noi si combatteva con ciò che si trovava, contro un esercito armato fino ai denti, con artiglieria all’avanguardia.

Ma torniamo un attimo indietro, per capire come si è arrivati a tanto.

Sul finire dell’estate del 1943, il regime fascista versava in condizioni disperate. L’8 settembre, come i più grandi di voi sapranno, entrò in vigore l’armistizio di Cassibile, la resa che poneva fine all’alleanza con i tedeschi, determinando una situazione di sbando nell’esercito. Si direbbe una buona notizia, se non fosse che i tedeschi si dimostrarono piuttosto ostinati: a tutti i soldati tedeschi fu dato ordine di uccidere gli ex-commilitoni italiani, e in particolare Napoli fu occupata militarmente. Da quel giorno, venne posto il coprifuoco, decine di militari vennero uccisi per strada, migliaia di persone furono deportate in campi di lavoro, la fascia costiera fu sfollata a scopi militari e, ovviamente, si proseguì alla confisca di tutte le armi, onde evitare ogni possibile rappresaglia.

Ma il popolo napoletano è ostinato, nel bene e nel male, e non poteva farsi mettere i piedi in testa. Il regista Nanny Loy è magistrale nel presentare un quadro quanto più variegato possibile, in cui la rabbia monta fino ad esplodere nell’insurrezione aperta. Un bambino separato dalla madre, rivolte nelle carceri minorili, uomini separati dalle mogli, mogli separate dai mariti, militari alla macchia, e tutto scatta quando un ragazzo è ucciso dai tedeschi in una sparatoria. Nessuno sa chi sia, nessuno rivendica il cadavere. È un nessuno, eppure è tutto il popolo, il suo corpo vuoto di un’identità si riempie dell’identità della città stessa, che i tedeschi tentano di piegare, di uccidere.

A quel punto nulla più può fermare in fuoco che arde nel popolo partenopeo. Perfino chi non può o non vuole scendere in campo si dà alla lotta, gettando in strada, addosso ai tedeschi, qualunque cosa si trovi in casa, purché sia bella pesante, s’intende.

In questo film vedrete episodi sparsi in tutta la città, spesso separati tra loro. Vi verranno presentati tutti gli strati della società e il loro approccio all’oppressione nazista. In questo marasma generale, a malapena s’intende il passare del giorno e della notte, i protagonisti perdono il conto dei giorni, e perché mai dovrebbero?

La lotta è accanita, Hitler aveva dato ordine di ridurre Napoli a “cenere e fango”.

Per quelli a cui importasse: ne passarono 4 di giorni, diverse centinaia di nostri concittadini morirono, prima che gli alleati salissero, e la libertà trionfasse.

Forse l’ordine di Hitler si è avverato, dopotutto, questa città può sembrare “fango” alle volte, anzi più spesso di quanto non vorremmo. Ma non dobbiamo dimenticare che, tra i suoi pregi e i suoi difetti, questa città ha un passato. Un passato in cui la gente ha sacrificato tanto, tutto, perché questa città potesse essere quello che è oggi. Non lasciamo che tutti quei sacrifici siano vani.

-Luciano Molfini

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