“Eravamo come due forzati legati alla stessa catena,
che si odiano ferocemente e si avvelenano la vita a vicenda,
facendo tuttavia ogni sforzo per non rendersene conto.”
Siamo nel 1889 e Lev Tolstoj pubblica per la prima volta quello che ben presto diventerà uno dei più famosi romanzi brevi della storia contemporanea, dal titolo ispirato ad una delle più grandi sonate classiche di tutti i tempi: La sonata a Kreutzer.
Sfondo dei sentimenti e controversie del racconto, cornice di una delle più tragiche e forse più attuali vicende ancora oggi dominanti.
Un grande classico e tappa principale per ogni amante della letteratura russa.
Opera considerata come un manifesto contro le ipocrisie che ancora oggi abitano le mura domestiche.
Un racconto che mira alla scoperta dei gesti più oscuri celati dietro alla natura umana, tante sono le donne costrette ogni giorno a soccombere dietro tanta cattiveria.
Per tutto il racconto Tolstoj ci prepara alla fine accompagnandoci in un tragico finale svelatoci sin dalle prime pagine, perché questo è solo un racconto, su sfondo veritiero, di una corsa contro il tempo che vedrà protagonista l’oscuro sentimento dell’odio che si realizzerà nel suo risvolto peggiore: uccidere.
La vicenda narra di passeggeri di un treno che, per ammazzare il tempo, iniziano una discussione riguardo al matrimonio e al divorzio. Emergono idee contrastanti e la discussione non ottiene un buon esito. Prende la parola un tale Pozdnyšev che fino a quel momento aveva preferito tacere. Egli racconta la propria esperienza, sostenendo che l’amore fosse qualcosa di passeggero destinato a svanire col tempo, ragion per cui un matrimonio basato sul sentimento non avesse ragione di esistere. Tesi confermata dalla sua stessa storia, sfociata in tragedia: egli iniziò a rammentare di quando era solo un ragazzo dedito agli eccessi carnali della gioventù e all’incontro di una tenera fanciulla di singolare bellezza successivamente divenuta sua sposa.
Col passar del tempo il sentimento svanisce e la felicità coniugale assumerà sembianze sempre più rare, come una roccia dedita allo sgretolamento. La finta comunicazione e le preoccupazioni trasporteranno i due coniugi sempre più sull’orlo del baratro.
Saranno il desiderio di possesso e la gelosia di lui che favoriranno la gentil conoscenza tra la moglie e un musicista di talento, uniti da una grande passione per la musica classica che li porterà allo studio dell’opera più ambita da ogni grande musicista: la Sonata a Kreutzer. Sullo sfondo di quelle note Pozdnyšev ricorda di non aver mai visto sua moglie tanto spensierata e felice come quando è in compagnia del violinista, e dentro di lui aleggia sempre più la convinzione che lei lo tradisca: “Su di me l’esecuzione di quel pezzo ebbe un effetto terribile: fu come se mi si scoprissero sentimenti nuovi, che mi parve di non aver mai conosciuto, come se mi si svelassero nuove possibilità di cui fino ad allora non avevo avuto sentore. […] Tutte le persone che avevo lì intorno, compreso lui e mia moglie, mi apparivano adesso in un’altra luce”. Proprio qui Tolstoj chiarisce il suo pensiero: l’uomo deve essere educato al servizio di Dio e all’amore nell’aiutare il prossimo, non esiste amore alcuno destinato all’affinità intellettuale e allo scambio di ideali. Esso è solo uno strumento che illude gli uomini di poter trovare la felicità per il resto della propria vita e soprattutto non è salvezza. Ma ciò non è abbastanza per il protagonista. Il racconto è tensione pura. Fin dall’inizio lo scrittore anticipa la fine della vicenda, ma solo nel finale si arriverà allo svelamento dei sentimenti che muoveranno il protagonista al compiere un gesto estremo senza riflessione, trascinato dall’immediato impulso d’odio e rabbia che macchierà la sua anima fino alla fine dei suoi giorni: “Quando la gente sostiene di non ricordare le azioni compiute in preda ad un attacco di rabbia dice delle assurdità, delle menzogne. Tutto mi si fissò nella memoria e nemmeno per un istante ho cessato di ricordarle […] Non posso dire che sapessi in anticipo quello che avrei fatto […] Sapevo che l’avrei colpita sotto le costole e che il pugnale sarebbe penetrato in profondità; nell’istante in cui lo facevo sapevo di compiere qualcosa di terribile, che non avevo mai fatto prima e che avrebbe avuto conseguenze tremende. Ma quella consapevolezza fu immediatamente seguita dall’azione. [….] fui consapevole di aver ucciso una donna, una donna indifesa, mia moglie. Ricordo l’orrore di quella consapevolezza e perciò ne concludo che dopo aver conficcato il pugnale, lo ritrassi immediatamente, quasi desiderando rimediare a quel che avevo fatto, e fermarmi. Per un secondo rimasi fermo illudendomi che fosse possibile porvi rimedio.”
Questo è solo l’inizio, un breve estratto di “la sonata a Kreutzer”, con la quale Tolstoj ci permette di entrare nelle viscere dell’odio umano, nelle eterne tenebre del pensiero, nella totale disperazione. Solo un estratto dell’universo che caratterizza l’animo umano. Un grande libro, un grande significato fra poche pagine, un’opera scorrevole e senza tempo.
Maria Martone
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