ln seguito all'ultimo avvenimento riguardante il femminicidio di Giulia Cecchettin abbiamo sentito parlare spesso di società patriarcale e di come questa sia alla radice di questo avvenimento e della morte di tutte le 105 donne uccise in Italia dall'inizio del 2023, insieme a tutte le donne vittime di femminicidio nel mondo. Ma cos'è davvero il patriarcato e come influenza la nostra vita?
Stando al dizionario Treccani, il patriarcato è:
ln antropologia, tipo di sistema sociale in cui vige il 'diritto paterno', ossia il controllo esclusivo dell'autorità domestica, pubblica e politica da parte dei maschi più anziani del gruppo. La famiglia estesa dominata dal patriarca sarebbe stata, secondo alcuni antropologi evoluzionistici dell'Ottocento (H.J.S. Maine, N.-D. Fustel de Coulanges), l'istituzione centrale della società primitiva basata sulla parentela. Essa avrebbe formato un gruppo corporato che reclutava i propri membri per agnazione (discendenza per linea maschile). Questa tesi fu ripresa da S. Freud, secondo il quale la società umana ebbe origine dall'orda patriarcale dominata dal padre o dal maschio più anziano.
Con l'avanzare dei tempi, quindi, il padre ha smesso di rappresentare la figura principale di potere, ma questo non ha affatto cambiato la posizione subordinata delle donne rispetto all'uomo.
Ritornando al caso di Giulia, il suo assassino è stato etichettato da molti giornali italiani come un "mostro" il che riduce il ragazzo ad uno squilibrato e questo omicidio ad un caso isolato. Questi modi di descrivere la vicenda sono estremamente fuorvianti e rendono Giulia l'ennesimo nome da aggiungere alla lista di donne uccise da "pazzi", conclusione della vicenda che non porterà mai alla soluzione del problema "violenza sulle donne", anzi. Riconoscere che la nostra vita si svolge in una società in cui vige il patriarcato è il primo passo per cambiare le cose.
Abbiamo anche sentito parlare di "cultura dello stupro": questo concetto coniato nel 1 970 per definire un problema che, pur esistendo da sempre, solo in quegli anni ha catturato l'attenzione, può finire per far credere normalizzata e giustificata la violenza sessuale sulle donne. Con cultura dello stupro non si intende che gli uomini, in quanto nati e cresciuti in una società patriarcale, sono automaticamente tutti degli stupratori. Lo stupro e il femminicidio sono solo le conseguenze peggiori della cultura dello stupro, che si trovano all'apice di una piramide che è molto complessa e articolata.
Questa piramide ci mostra quali sono i tanti altri comportamenti, ai piani più bassi, che retroalimentano la sovrastruttura.
Parliamo di cultura dello stupro in Italia perché i dati mostrano quanto la violenza sessuale contro le donne nel nostro paese sia comune e ordinaria. Nonostante ci venga fatto credere che uno stupro sia qualcosa di eccezionale, un caso isolato, i dati ISTAT raccontano uno scenario molto diverso: una donna su tre ha subito uno stupro.
Per evidenziare quanto la violenza sulle donne sia radicata all'interno di noi, vi porto come esempio una situazione che credo sia successa almeno una volta a tutte le ragazze.
Quando eravamo bambine, parlo di asilo o primi anni di elementari, sono sicura che se c'era un bambino che vi strattonava o vi faceva i dispetti, vi è stato detto, dai vostri genitori o da un adulto in generale, che quel bambino si comportava così perché voi gli piacevate. Di conseguenza, molte di noi, maturando, hanno sviluppato la convinzione che se un uomo ci tratta male non è un problema, anzi è una cosa positiva perché significa che a quell'uomo piacciamo. Alcune di noi hanno abbandonato questa convinzione crescendo, ma altre no, e ancora adesso ricercano in un partner lo stesso trattamento che porterà, quasi sicuramente, ad una delle situazioni dei piani più alti della piramide.
Ora parlando per esperienza personale, io sono sempre stata femminista, anche quando non sapevo che le donne venissero uccise in quanto donne, per me il femminismo era quei personaggi femminili neil libri o nei film che compivano azioni solitamente compiute da eroi maschi. Crescendo, il femminismo perde quella sfumatura di emancipazione da film poichè ti rendi conto che se un movimento come il femminismo è nato significa che io, là fuori nel mondo, non verrò trattata alla pari di un uomo, quindi qualcuno ha dovuto creare un movimento perché i miei diritti, in quanto essere umano che vive in una società civile, venissero riconosciuti e fossero gli stessi di un uomo. Ed una volta che si entra in quest'ottica, piano piano, si iniziano a cogliere tutte le sottigliezze, anche in banali modi di dire, che ci fanno capire quanto la società sia ancora tanto patriarcale, seppur ben camuffata.
Uno di questi modi di dire è "donna con le palle": questa espressione sottintende che, per essere considerata di carattere e di valore, una donna deve avere gli attributi di un uomo. Un altro ancora è "smettila di piangere, non fare la femminuccia": tipicamente rivolta ai maschi, questa frase associa virilità e mascolinità con l'idea che gli uomini non possano mostrare le proprie emozioni per non rovinare la propria immagine "da duro". Frasi come questa possono influire seriamente sulla crescita psicologica dei bambini e questa è una conseguenza negativa del patriarcato sugli uomini stessi.
Sono sicura che come c'erano bambine che a Carnevale avrebbero voluto travestirsi da Spiderman, c'erano anche bambini a cui è stato negato di giocare con cicciobello perché gioco da "femminucce", e come può un bambino che reprime le sue emozioni, diventare un uomo che rispetta i desideri ed i sentimenti di una donna?
Alessandra Marotta
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