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Immagine del redattoreRedazione Sisma

Il food porn sta cambiando la cucina italiana

Oltre alla moda, al design, all'arte e alle bellezze naturali, la cucina italiana rappresenta forse in modo più esaustivo ciò che si intende con il

termine italian style. Ovvero, il mangiar bene, i rituali e le consuetudini formatesi nell'arco di secoli di sapiente cura del territorio e di influenze culturali di popoli e civiltà, spesso anche lontane dal Mediterraneo.

Il punto di forza della cucina italiana è sicuramente l'enorme varietà di pietanze, ognuna fortemente legata al luogo di origine. Ad ogni piatto è poi legata una storia che racconta il lavoro di donne e uomini alla continua ricerca non solo del gusto, ma anche della qualità, dell'eccellenza, del distinguersi. Spesso infatti la letteratura ci racconta di piatti tipici preparati per occasioni importanti, come i matrimoni o visite ufficiali di personaggi illustri. Piatti che ormai sono entrati a far parte del menu della tavola degli italiani, che poi abbiamo esportato in tutto il mondo. Insomma, il cibo è una cosa seria per tanti motivi: è legato strettamente all'identità culturale geografica e ai ricordi.

La storia d'Italia è per forza di cose sposata con il suo cibo, ed è per questo motivo che alcuni trend recenti stanno intaccando questo rapporto. Tra questi c'è il cosiddetto Food Porn, diventato il nemico della cucina tradizionale italiana, anzi della buona cucina.

Perché il problema non è la tradizione, ma l'equilibrio.

Puntare il dito contro i social media risulterebbe troppo facile, equivarrebbe a fare di tutta l'erba un fascio ed è sbagliato. Va capita la differenza tra i vari contenuti del mondo culinario e non servono molte spiegazioni per comprendere quanto l'Italia e questa cultura siano unite.

Parliamo di un Paese mediterraneo, dall'agricoltura florida e dai prodotti di prima qualità, con una cucina basata sulla semplicità, sull'uso di pochi ingredienti, buoni e ben equilibrati.

Sicuramente i social media hanno aiutato a creare commistioni culturali, a rompere le barriere territoriali, andando a eliminare pian piano il concetto di cucina regionale, o quantomeno a renderlo sempre più labile. Sia chiaro, questa è una cosa bellissima che i social network hanno creato: la diffusione di gemme locali della cultura culinaria a livello nazionalpopolare è qualcosa che arricchisce tutti noi, così come l'inserimento di influenze provenienti dalla cucina estera.

Gli storici ricettari italiani sono infatti ricchi di influenze, essendo l'Italia un Paese crocevia del Mediterraneo.

Quindi lunga vita alle commistioni, alle influenze e all'integrazione, lontani da ogni tradizionalismo in senso gretto e ossessivo. Questa precisazione è necessaria perché il proliferare del trend Food Porn non riguarda la cieca salvaguardia dei prodotti a marchio DOP, ma la concezione che si ha del patrimonio gastronomico nostrano.

Il Food Porn non è nulla di nuovo: non nasce con i social media. Fu l'autrice, critica e giornalista Rosalind Coward nel suo libro del 1984 Female Desire a utilizzarlo per la prima volta con altri significati: si riferiva a foto di cibo estremamente glamour, presentato talmente bene da rappresentare un "simbolo di una partecipazione

volontaria e piacevole nel servire gli altri" aggiungendo come la presentazione del cibo in televisione negli anni '80 si focalizzasse su immagini irreali, senza valorizzare il processo di produzione, limitandosi a creare una sensazione di piacere fisico nello stesso

modo in cui la pornografia suscita piacere sessuale, seppur si tratti di una produzione irrealistica. Ecco, il Food Porn a livello social è nato nel medesimo modo, mostrando cibo esteticamente bello, piacevole, simmetrico e artistico. Sacrosanto. Come spesso succede quando qualcosa diventa trend, questo non è più bastato.

Il Food Porn si è evoluto passando da un concetto puramente estetico alla "esasperazione del tanto": non basta più fare un panino bello, deve essere gigantesco, gargantuesco. Non serve quindi molto per comprendere che ormai il concetto meramente estetico di Food Porn ha aggiunto un elemento fondamentale, la quantità, aggiunta imprescindibile per comprendere l'evoluzione che questo trend ha avuto in Italia. Lo Stivale negli ultimi dieci anni ha visto l'esplosione delle figure legate all'ambito culinario: chef, cuochi e food creators sono ormai celebrità al pari di attori e calciatori, che raggiungono la fama per la loro commistione di utilità e trasmissione culturale. Quest'ultima viene meno quando si entra nel mondo del Food Porn 2.0, focalizzato appunto sul "magnatanto", il che altera completamente il significato originale del termine. Tutto questo si integra perfettamente con un altro elemento che ormai presenzia ovunque: il pistacchio. "Il piatto più pistacchio di sempre: lasagne al pesto di pistacchi con l'aggiunta di crema al pistacchio, burrata al pistacchio e crumble di pistacchio" è ormai qualcosa che possiamo trovare facilmente online, cosa peraltro che vuole farci credere che Bronte ogni anno produca migliaia di tonnellate di pistacchi.

In un mondo contemporaneo in cui la diffusione sui social porta spesso alla differenza tra il successo e la chiusura, specie nel frenetico e dispendioso mercato milanese, la diffusione di una moda cambia il mercato e, conseguentemente, le abitudini di consumo. Per questo motivo, se attività commerciali e creatori digitali inizieranno a seguire in massa il trend del Food Porn 2.0, allora questo potrebbe diventare la norma, specie agli occhi di un pubblico internazionale di ultima generazione che rischia di associarlo in toto alla cucina italiana contemporanea.


Angelo Romano

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