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  • Immagine del redattoreRedazione Sisma

La pizzeria dell’impossibile

In un giorno senza lezioni scolastiche, noi alunni delle classi 1E e 2B abbiamo organizzato un incontro molto particolare con l’Associazione Scugnizzi, presso la Pizzeria dell’Impossibile a Napoli. Spinti dall’interesse suscitato in noi dalla serie tv “Mare Fuori”, abbiamo avuto la possibilità di incontrare non la fiction ma la realtà di quei ragazzi che, citando Antonio Franco, presidente dell’Associazione, hanno avuto una “caduta” e che il laboratorio di pizzaiolo apre a nuove prospettive di vita e di lavoro.

Antonio ed i ragazzi si sono prestati a rispondere alle nostre domande e curiosità e soprattutto ci hanno insegnato a preparare e infornare le pizze, per poi mangiarle tutti insieme e poi servirle alla mensa dei poveri per la quale questa associazione è nata. E’ stato per noi un bellissimo regalo. Segue una scrittura collettiva realizzata con la condivisione online dei documenti di scrittura.



Antonio.

Antonio ci ha raccontato che, diversamente da quanto pensavamo dalla serie tv, i ragazzi che frequentano il laboratorio non vivono a Nisida e molto spesso non ci sono mai stati.

Purtroppo sono proprio i contesti familiari e le famiglie assenti dei ragazzi che li portano a prendere strade sbagliate. La pizzeria lavora sui ragazzi sia al livello pratico che emotivo, cercando di coinvolgere i ragazzi in ciò che fanno e cercando di non farli abbandonare. Vari ragazzi hanno pensato ad abbandonare il progetto però Antonio li ha convinti a rimanere e a continuare a seguire il percorso, altrimenti sarebbero andati a Nisida.


Antonio stesso si definisce uno "scugnizzo fortunato" che grazie alla madre è sempre stato lontano dalla criminalità. La prima visita di Antonio a Nisida fu per un torneo di calcetto al cui ritorno lesse una scritta su un muro ovvero “fa’ che la tua presenza qui non sia inutile” e da lì capì che la sua strada era proprio quella di aiutare questi ragazzi. La sua idea è nata nel 2005 ed è stata attuata nel 2010, grazie soprattutto alla generosità di un imprenditore napoletano della pizza. L’iniziativa ha due finalità: la prima è tener occupati i ragazzi per due giorni alla settimana sfornando pizze per poi allestire una mensa per i poveri, che è la sua seconda finalità.

Antonio ci ha detto che lui cerca di dare una seconda, anzi la prima possibilità a ragazzi che non ne hanno mai avuta una, perché o per un contesto sociale o per uno familiare sono stati spinti verso un percorso sbagliato. Antonio cerca di aiutarli a reinserirsi nella società, perché nessun ragazzo nasce delinquente: ha solo bisogno di qualcuno che lo aiuti a ricominciare.

E’ capitato che qualcuno che aveva ricevuto un torto da uno di questi ragazzi, puntasse il dito contro di loro.

A queste persone Antonio ha cercato di far capire che, nonostante il torto che hanno subito, questi sono ragazzi che non vanno giudicati per i loro errori.

Le ultime attività progettate dall’associazione sono “l’officina del dolce” e “caffè sospeso”.


Nella nostra società ci sono ragazzi più a rischio di altri, perché non hanno avuto le stesse opportunità e forse non hanno ricevuto affetto in famiglia, o buoni esempi. Il modo con cui i ragazzi più “fortunati” possono aiutare chi lo è stato meno è abolire i pregiudizi e gli stereotipi che si hanno su di loro, insomma trattarli come ragazzi normali quali sono.


Antonio conosce gli sceneggiatori di Mare Fuori, i quali si sono recati spesso nella sua pizzeria per prendere ispirazione. Secondo lui la fiction riporta una realtà di Nisida rivisitata ma piuttosto verosimile, sicuramente per quanto riguarda i contesti familiari dei ragazzi


I ragazzi.

Quando abbiamo intervistato due dei ragazzi, abbiamo notato una cosa simile a noi: anche a loro, come a noi in classe, viene chiesto di lasciare il telefono all’ingresso!

I ragazzi ci hanno raccontato che, tra le varie proposte di laboratori, hanno scelto quello di pizzaiolo l’uno perché era interessato, l’altro per costrizione all’inizio, ma ora con piacere.

Il laboratorio dura circa tre mesi e si possono poi intraprendere altri corsi. Sul proprio passato l’uno ci ha raccontato che ha lasciato la scuola a 15 anni, che subito dopo ha iniziato a lavorare e che poi ha commesso errori che adesso sta scontando e dei quali si è pentito.

L’altro ci ha riferito che a 12 anni è stato in comunità perché non frequentava la scuola. Poco dopo ha iniziato anche a lavorare. Ha detto che è finito a Nisida a causa di amicizie sbagliate che lo hanno portato a fare degli errori.

Sul proprio futuro, l’uno vorrebbe raggiungere un’indipendenza, sia nel campo lavorativo che sociale, l’altro non ha ancora le idee chiare, ma spera di realizzarsi al meglio, magari proprio come pizzaiolo.

Nessuno dei due ha mai pensato di mollare né si è pentito di avere intrapreso questo corso.

Non abbiamo rivolto loro domande specifiche: ci hanno detto infatti che le uniche persone che conoscono diversi dettagli del loro passato e del percorso di rieducazione sono quelle più intime: le persone che vengono a mangiare alla pizzeria, ad esempio, non sanno del loro passato, perché non parlano di tante cose e soprattutto non si conoscono. Perciò, non corrono il rischio di essere giudicati.

I ragazzi sono contenti di lavorare per aiutare le persone bisognose. La loro più grande passione, oltre a preparare il pane e la pizza, è il calcio.

Una curiosità: non hanno mai conosciuto una pizzaiola donna.

I ragazzi ritengono “Mare Fuori” una bella serie, anche se non mostra la realtà e ciò può avere effetti negativi sia effetti positivi, a seconda di come la si guardi.


Nessuno dei due se la sente di dare un consiglio su come riuscire a evitare le “cadute”, perché loro stessi sono stati spesso avvisati, ma non ha funzionato. Chi sbaglia impara e quindi sperano di aver imparato dal proprio sbaglio.


Eravamo preoccupati di dare fastidio o di essere invadenti, ma i ragazzi ci hanno rassicurato che non è stato così e anzi che sono stati contenti. Speriamo sia davvero così!

Intervistando i ragazzi ci siamo resi conto di tante cose. Principalmente che ci sono molti pregiudizi su come vengono visti, quando invece sono semplicemente ragazzi che hanno commesso degli errori per essersi trovati in situazioni complicate in cui ci saremmo potuti trovare anche noi. Parlando con loro, abbiamo ammirato molto la loro voglia di redenzione, la loro ambizione ad una disponibilità economica che li renda autonomi. E’ stata un’esperienza che ha cambiato lo sguardo con cui guardiamo una realtà diversa dalla nostra, perché in certe situazioni quegli errori li avrebbe potuti commettere chiunque. 




Fare le pizze insieme.

Il nostro gruppo di "pizzaioli" è stato affidato ad un paio di ragazzi che ci hanno insegnato come stendere i panetti per preparare le pizze. Meritano tutti i nostri complimenti perché sono stati molto accomodanti, simpatici e hanno avuto una pazienza infinita… non tutti eravamo molto bravi a stendere i panetti!

Con grande sorpresa di tutti noi siamo riusciti a preparare pizze veramente buone che abbiamo mangiato tutti insieme. Sembrava una piccola festa!

Inutile dire che è stato uno dei momenti più divertenti organizzati fino ad ora con la scuola!

Quando siamo arrivati alla pizzeria qualcuno aveva un po’ d’ansia, ma appena ci hanno accolto, tutti si sono sentiti subito a proprio agio, dato che parlare con ragazzi della nostra età ci ha aiutato molto. Inizialmente, soprattutto alcuni ragazzi davano l'impressione di essere imbarazzati o quasi preoccupati, di aver paura di sbagliare qualcosa. Ma poi è andata sempre meglio: abbiamo preparato delle pizze buonissime, e ci siamo divertiti molto a mangiarle tutti insieme. I ragazzi sono stati gentilissimi e pazienti, cercando di spiegarci il movimento per stendere i panetti, che alcuni di noi rischiavano di accartocciare: comunque è andata bene per essere la prima volta!

Alla fine della preparazione abbiamo mangiato le nostre pizze e chiacchierato con loro. È stata un’esperienza fantastica che consigliamo a tutti e che rifaremmo mille volte.

Questa esperienza ci ha fatto riflettere molto su quanti pregiudizi ci siano sulle persone che nella vita sono state più sfortunate di altre, su quanto si pensi che chi ha commesso un errore, piccolo o grande che sia, non possa cambiare mai, non possa riscattarsi e capire che ha sbagliato.  Vedere questi ragazzi che ce la mettono tutta e si impegnano in qualcosa con passione è stato veramente bello.

Ci ha colpito molto vedere i ragazzi impegnarsi e dare tutta la loro energia per aiutarci a fare delle pizze, ma soprattutto riuscire a stare tutti insieme, nonostante l’età, nonostante quello che loro hanno passato, siamo stati uniti.

Poco più tardi abbiamo saputo che i ragazzi avevano chiesto ad Antonio se fossero “andati bene”, il che ci ha fatto riflettere sul fatto che secondo noi invece eravamo noi a dover fare colpo su di loro.

Abbiamo capito che la colpa non è solo la loro, ma anche del contesto in cui vivono e delle poche possibilità che hanno di riscatto. Infatti ci vuole fortuna a nascere in un posto piuttosto che in un altro.

Secondo noi questa esperienza è stata formativa per entrambi i gruppi di ragazzi: per noi perché abbiamo imparato una cosa nuova, ovvero l’arte della pizza, e per loro che probabilmente si sono sentiti gratificati nell’insegnarci le loro capacità di pizzaioli.

I ragazzi ci hanno svelato alcuni dei trucchi dei pizzaioli e più passava il tempo e più entravamo in sintonia. E quando hanno aperto la mensa per i più bisognosi ognuno di noi ha trovato facilmente un ruolo da svolgere, come se facessimo questo da sempre. 

Affianco ad Antonio, un ruolo importante è occupato da Gennaro, il capo dei pizzaioli. Durante il laboratorio abbiamo notato infatti che i ragazzi avevano una certa confidenza con lui e che Gennaro li trattava un po’ come membri della famiglia.

Dietro a quel bancone c'eravamo noi, che quasi giocavamo. Si era creata un'atmosfera bellissima dove, fra sorrisi e risate, pomodoro e farina, e pizze che entravano e uscivano dal forno, non si distinguevano più i ragazzi del liceo Mercalli da quelli in messa in prova.

Eravamo quasi una cosa sola. Ognuno di noi aveva un ruolo, come se ci fossimo messi d'accordo, e Gennaro non aveva nemmeno più bisogno di darci i panetti per le pizze. È stata un'esperienza magnifica che consiglio a chiunque ne abbia la possibilità. Chi aveva dubbi ha senz'altro capito che tutti facciamo degli errori, alcuni più gravi di altri. A Nisida o comunque negli IPM non ci sono solo criminali, ma anche (e forse soprattutto) ragazzi che sono nati in un ambiente diverso dal nostro e che, anche per colpa di quest'ultimo, hanno commesso un errore. Sono gli stessi ragazzi che alla pizzeria dell'impossibile provano a riscattarsi e ad aprire nuove porte per un futuro.

Mentre preparavamo le pizze, si è creata un’atmosfera meravigliosa, eravamo tutti uniti senza alcuna distinzione poiché effettivamente la distinzione non ci deve essere, siamo tutti ragazzi è questo quello che conta. Loro sono stati degli ottimi maestri con una grande volontà di riscatto. È stato un momento di crescita per tutti. Questa esperienza ci ha fatto scoprire una realtà completamente diversa dalla nostra, nella quale però ci siamo trovati benissimo. Ci siamo trovati così bene che alcuni di noi hanno deciso di rimanere per aiutare i ragazzi con la mensa che si sarebbe tenuta un’ora dopo.

 



La mensa dei bisognosi.

Dopo aver trascorso questa mattinata divertente e coinvolgente nel preparare le pizze per mangiarle insieme, molti di noi hanno dato una mano a distribuire le pizze ai più bisognosi.

La mensa è stata forse ancora più divertente del laboratorio stesso, perché abbiamo avuto ancora di più l'occasione di interagire con i ragazzi. Di nuovo, con l'aiuto di Antonio, ci siamo organizzati: c'era chi restava in sala e portava le pizze alle persone, chi le tagliava e le piegava appena uscite dal forno e chi si occupava di aggiungere acqua e dolce ai vassoi con le pizze. Di nuovo i ragazzi ci hanno lasciato fare qualche pizza, e abbiamo parlato e scherzato con loro. Quando le persone finivano di mangiare venivano quasi tutte a ringraziare, non solo Antonio, ma soprattutto i ragazzi. Chi entrava si sedeva dove c'era posto e aspettava la sua pizza chiacchierando e scherzando con chi era seduto vicino a lui, come se fossero vecchi amici. I ragazzi conoscevano diverse di quelle persone, e sapevano quindi come avrebbero voluto la loro pizza: bianca, rossa, con o senza mozzarella, da mangiare o da portare… Quando c'erano delle pizze di troppo, le chiudevamo nella carta e le davamo a chi ne voleva qualcuna in più da portare magari a qualche conoscente o da tenere per sé per la sera stessa o il giorno dopo.

Nessuno si è accorto che per noi era la prima volta, ma ad ogni pizza che arrivava tutti ci sorridevano e ci ringraziavano. Ad un certo punto è entrata una signora con un bambino piccolo, ancora nel passeggino. Dopo aver mangiato le pizze, ci ha chiesto un po' di gelato per il figlio. Ma visto che il gelato non c'era, abbiamo dato al bambino un bicchierino con quel tiramisù che avevamo preparato noi il giorno prima per condividerlo con i ragazzi del laboratorio. La sua felicità era indescrivibile. Abbiamo imparato molto da questa esperienza e dagli sguardi felici dei presenti, poiché ci hanno insegnato che ci si deve accontentare e gioire anche per le cose più scontate per noi, come ad esempio un pasto caldo o un po' di tiramisù. Anche noi ci ritroviamo in quella frase che ha colpito Antonio su un muretto a Nisida: "fa’ che la tua presenza qui non sia inutile", perché abbiamo aiutato i ragazzi e visto nei loro occhi una speranza di poter costruire un proprio futuro autonomamente e di riscattarsi dai loro errori. Ecco perché lo rifaremmo ancora.

Alcuni di noi erano già abituati a fare beneficenza, ma mai in prima persona. Ci siamo trovati dietro al banco di preparazione delle pizze insieme con i ragazzi con cui già avevamo passato qualche ora, con cui quindi eravamo entrati in confidenza e ogni tanto scherzavamo fra di noi.

La cosa più gratificante dell’attività in mensa è stata vedere i sorrisi della gente quando gli veniva servita la pizza ed anche quando vedevano noi ragazzi cimentarci in questa esperienza unica.

Abbiamo molto da imparare dai meno fortunati che però forse impropriamente definiamo tali, perché i pizzaioli della Pizzeria dell’Impossibile sono stati fortunati a iniziare questo laboratorio.

Per migliorare la nostra città si deve partire dai giovani dato che sono il futuro. Nulla è impossibile e, come ha detto uno dei ragazzi, volere è potere.

Durante queste ore ci è sembrato di non aver mai smesso di sorridere e scherzare un po' con tutti.

Spesso ci dimentichiamo quanto siamo fortunati a poter soddisfare i nostri desideri, a poter studiare e vivere un ambiente con tutte le opportunità. Questi ragazzi non ne hanno avuto la possibilità, ma nonostante questo hanno dimostrato grande gentilezza e altruismo. Si vedeva nei loro occhi che erano consapevoli di aver commesso un errore, ma che non avevano nessuna intenzione di commetterne un altro. Uno dei ragazzi ci ha detto che, in un modo o nell'altro, anche loro erano stati fortunati nella sfortuna, perché avevano avuto la possibilità di ricominciare da capo. Lo stesso ragazzo ci ha detto che a lui piacerebbe poter parlare di tutto questo ad altri ragazzi, e anche secondo me ciò sarebbe di grande ispirazione. Quando parlava di quanto gli faceva piacere aiutare gli altri, e di quanto fosse contento di aver incontrato Antonio, i suoi occhi quasi brillavano.

È stato interessante esplorare una realtà diversa e, al contempo, poter aiutare le persone bisognose ad avere un pasto caldo.


Bruno Acone, Andrea Ammirati, Ornella Albanesi, Gabriele Cafiero, Luigi Calabrò, Francesco Carlino, Giuseppe Cembalo, Elena D’Avanzo, Christian De Luca, Andrea Esposito, Paolo Giustino, Margherita Lignola, Giovanni Miccio, Martina Mauro, Salvatore Mauro, Benedetta Messina, Giovanni Miccio, Maria Vittoria Miele, Giorgia Russo, Simone Saccone, Riccardo Troise, Dario Tubelli.


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