La guerra era finita, ero troppo felice, d’altronde come biasimarmi. La mattina del giorno seguente ancora un po’ piena di paura e di sospetti mi sedetti all’angolo della piccola via del mio parco con un bellissimo vestito bianco, che mi ero cucita durante quel periodo così oscuro per tutti; il vestito l’avrei indossato solo quando sarebbe finito tutto.
Avevo con me il binocolo di mio nonno col quale guardavo con ansia la strada sperando che da un momento all’altro vedessi arrivare i miei tre amici che erano stati portati via per andare a combattere. Nell'attesa poggiavo le ginocchia sull'asfalto, che di giorno sembrava quasi lava per quanto fosse bollente. Attendendo il ritorno dei miei amici rimanevo lì dalla mattina presto fino alla sera tardi quando la luce mi permetteva ancora di guardare.
I primi tre giorni dalla fine della guerra erano ormai passati e non avevo ancora avuto notizie, ciò mi sembrava normale; d’altronde avevamo appena finito una guerra mondiale.
Il pomeriggio seguente sembrava uno dei tanti con gli uccellini che cinguettavano, ora non più spaventati da tutti quei forti rumori di aerei e proiettili. Guardavo attraverso il mio binocolo quando vidi muoversi qualcosa: sembrava un cappello verde che si avvicinava sempre di più. Appena fu abbastanza vicino da vedere il volto lo riconobbi: era uno dei miei tre amici, Roberto!
Il mio cuore era a mille, continuavo a non credere ai miei occhi, pensavo quasi di star sognando. Tutte le mie preghiere erano state ascoltate. Mi alzai e iniziai a correre veloce verso di lui.
lo abbracciai fortissimo, quasi gli ruppi una costola. “Ehi, piano! così mi strozzi”, disse lui con una voce quasi divertita.
Addosso una tipica tuta militare, aveva un con sé un enorme zaino con ancora due o tre coltellini agganciati alla cintura; nonostante qualche macchiolina di sangue sembrava stesse bene. Poi lo guardai, salii sulle punte cercando di scorgere cosa ci fosse dietro di lui e dissi: “e gli altri due dove sono?“. In quel momento il sangue mi si gelò. Avevo paura della risposta che mi avrebbe potuto dare.“In verità non so dove siano, non so se siano vivi o morti: una granata ci aveva divisi e io non li ho più visti”. Lo guardai e le lacrime mi scesero dagli occhi. Cosa era successo ai miei
due amici? Subito dopo i genitori di Roberto uscirono fuori dalla loro casa e tutti gli facemmo grandi feste, soprattutto il suo cane. Quella sera ci fu grande festa. Tutti noi continuavamo ad avere grande paura per gli altri due, ma la gioia di rivedere lui sano e salvo era una sensazione magica. La sera, dopo molto cibo e qualche bicchiere di alcool che stranamente Roberto aveva fatto assaggiare anche a me, andammo a dormire. Roberto si avvicinò a me mentre ero stesa sul letto, poggiata su un fianco e lui seduto, la luce spenta.
Rimanemmo così qualche minuto, quando mi diede un bacio sulla fronte e mi disse: ”buona notte”. Io ricambiai e chiusi gli occhi.
Ormai continuavo a passare le mie giornate seduta sull’asfalto. Il rientro di Roberto era stato tranquillo, ogni tanto di notte parlava, aveva incubi. Dato che dormivamo nella stessa stanza lo sentivo, ma lui puntualmente si svegliava, beveva un sorso d’acqua e tornava a dormire, mentre per il resto era tranquillo. Sembrava diverso dal solito, ma quando accennava un sorriso era sempre il solito Roberto. Ero seduta al mio posto sull’asfalto e lui si avvicinò, si sedette al mio fianco, restammo in silenzio qualche minuto e poi disse: “Ehi... so che non vuoi sentirlo e neanche io vorrei pensarlo, ma non so se torneranno mai. Forse è meglio se lasci perdere, è inutile che continui a rompere le ginocchia per aspettare il loro ritorno“.
-Maria Vittoria Carino
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