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  • Immagine del redattoreRedazione Sisma

Intervista impossibile al professor Samà

 

Oggi ho avuto il piacere di intervistare il professore Samà, mio professore di religione, figura di riferimento per tutta la scuola e direttore-creatore del concerto di Natale del Liceo Scientifico Giuseppe Mercalli.

 

D: Buongiorno professore. Cosa l’ha spinta ad iniziare?

R: Una mattina, mentre percorrevo Via dei Mille, mi sono fermato ad ammirare la gradinata Francesco D'Andrea e mi ha colto la sindrome di Stendhal! Ho pensato: “che bello sarebbe organizzare qualcosa su queste scale”. Un ballo? Praticamente impossibile. Una rappresentazione teatrale? Praticamente impossibile... ed è stato in quel momento che ho pensato a una cantata, la cantata di Natale. Arrivato a scuola, ho manifestato la mia idea e, anche se inizialmente sono stato considerato “pazzo”, successivamente mi è stato dato il via libera e con i mezzi forniti dalla scuola e con gli studenti siamo andati alla prima edizione della cantata di Natale. Abbiamo riscosso grande successo e quindi la cantata è diventata un vero e proprio simbolo della scuola, un simbolo di inclusione, un simbolo di accoglienza, una manifestazione di interesse della scuola verso i problemi dell’umanità.

 

D: È contento dello sviluppo del concerto negli anni?

R: Non posso che dirmi soddisfatto dello sviluppo e dello sforzo del dipartimento di religione che ci ha creduto fin dall’inizio e si è sempre impegnato a portare avanti questa iniziativa. La nostra idea è stata anche scimmiottata da altre scuole, ma il nostro concerto è stato sempre un successo. Alcuni anni siamo riusciti a raggiungere l’apoteosi dello spirito natalizio e altri un po’ meno, ma io sono contentissimo.

 

D: Come si sente all’idea di concludere questo percorso?

R: Tutto ha una fine, questo progetto è uno sforzo enorme per la scuola e l’apice è stato già toccato più volte, ci saremmo potuti fermare già da qualche anno. Quest’anno l’ho riproposto, lo ripropongo, domani un altro giorno.

 

D: Perché questo cambiamento di luogo e di scaletta?

R: Il luogo è stato cambiato per motivi di sicurezza: l’anno scorso abbiamo raggiunto il picco della partecipazione degli studenti, sulla gradinata Francesco D'Andrea eravamo più di mille e sono sorte delle preoccupazioni riguardanti la sicurezza; ed è per questo motivo che quest’anno abbiamo deciso di cercare un luogo più spazioso. Per pura coincidenza, fortuna, casualità, ci è stata concessa dal Comune di Napoli, con l’interessamento della Prima Municipalità, Piazza Plebiscito. La scaletta non è realmente cambiata, poiché noi abbiamo sempre dedicato, ogni anno, la prima parte di questa cantata a dei temi: la pace, la solidarietà, i problemi dell’umanità, i bambini, con canti dello Zecchino d’Oro, la napoletanità, con canzoni in napoletano.

Quest’estate, ispirato dal Bolero di Ravel, ho ritenuto opportuno far conoscere agli studenti quel settore della musica lontano dalla sensibilità giovanile, e il caso ha voluto che qualche giorno fa il Canto Lirico Italiano sia stato riconosciuto patrimonio dell’umanità dall’Unesco! Ed è stato provvidenziale, sembra quasi fatto di proposito.

 

D: Cosa ne pensa del “simbolo” del luogo? Noi ci troveremo tra un liceo musicale ed il Teatro San Carlo.

R: Noi non siamo un liceo musicale coreutico, ecco perché la chiamiamo cantata, non siamo professionisti né semiprofessionisti, siamo i cittadini di Napoli che cantano, abbiamo provato a studiare anche il canto in maniera superficiale e non abbiamo nessuna pretesa di essere dei “cantores” al livello di un liceo musicale e del Teatro San Carlo. Noi siamo lì in primis per stare insieme e per servirci del canto per gridare alla pace, alla solidarietà, all’unione, perché siamo una comunità scolastica che per anni vive questa realtà dello “stare insieme” e tramite la cantata esprimiamo la nostra gioia dello “stare insieme”, con un sottofondo musicale.

 

D: Cosa prova prima, durante e dopo, quali emozioni suscita in lei il concerto?

R: Prima c’è la preoccupazione e la voglia di proporre argomenti che possano diffondere cultura; durante c’è la grande tensione e il lavoro, le sudate, per provare e fare capire agli studenti il nostro obbiettivo, comunicare cultura; dopo? Dopo un senso di pace.

 

D: Vuole ringraziare qualcuno per gli sforzi fatti in suo aiuto o anche per l’ispirazione?

R: Vorrei ringraziare prima di tutto tutti gli studenti del Mercalli che non si sono fermati davanti a proposte, culturalmente valide, che ai loro occhi sarebbero potute risultare ingenue, lontane o impossibili; che le hanno rese possibili con la loro disponibilità e la loro fiducia in me, ascoltandomi e provando. Vorrei ringraziare il dipartimento di religione che ogni anno ha sempre lavorato all’unisono per realizzare questo progetto, i docenti del Mercalli che hanno dato il proprio contributo nell’affiancarmi anche compensando con degli interventi di natura culturale; e ovviamente anche l’ufficio di presidenza che lo ha ritenuto un “format” valido da presentare alla città. Vanno ringraziate tutte quelle persone che ci hanno sostenuto, chi offrendoci gli strumenti, chi aiutandoci da un punto di vista amministrativo e devo ringraziare mia nipote di quattro anni, la mia musa ispiratrice che negli ultimi due anni ha studiato d’estate insieme a me la scelta dei brani, aiutandomi a scegliere quali mettere in scaletta. Infine, voglio ringraziare la scuola tutta, che ha permesso tutto questo, che ha avuto pazienza nel sentire ogni giorno voci e musica ad alto volume. Grazie!



Antonio Cundari

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