Estate 1392. tutto ebbe inizio nella foresta di Le Mans, quando il sovrano di Francia, Carlo VI, si macchiò di un terribile crimine, mentre era in viaggio verso terre straniere: la follia lo portò a sporcarsi le mani del sangue di quattro dei suoi soldati. Ma un paese governato da un sovrano folle è come un cavallo senza cavaliere, impazzisce. Nel paese cominciarono gli scontri tra due fazioni, entrambe assetate di potere: gli Armagnacchi e i Borgognoni, alleati degli inglesi.
Il giovane principe era spaesato, figlio di un re decaduto. Ormai quattordicenne, il ragazzo, Carlo, come il padre, si ritrovò per invito nella lussuosa dimora dell’Armagnacco Barone di Saint-Mont, dove restò folgorato dal fascino della figlia di cosui. Le visite al barone iniziarono quindi a farsi frequenti. Carlo si svegliava ogni giorno con il desiderio di vedere il viso della sua amata Sophie, e lei, come lui, sopravviveva nel conflitto solo grazie all’amore che provava. Erano due anime vaganti, che trovavano rifugio solo l’una nell’altra, indispensabili reciprocamente. Le giornate cominciarono ad essere sempre più difficili a causa dell’attivo impegno del barone nella guerra contro i borgognoni, e così anche il principe delfino finì coinvolto in una di queste battaglie, difendendo la fazione della sua amata. Carlo pregò Sophie di restare fuori dal conflitto, in salvo. Il giovane si batté valorosamente incoraggiato dal pensiero che alla sera, tornato sano e salvo, avrebbe riabbracciato la sua amata. Dopo tanti trionfi, l’uno dopo l’altro, la spada del ragazzo si arrestò. Il vento bruciava sulle ferite e il sangue colava caldo sulle braccia, il terrore che quelli sarebbero stati i suoi ultimi respiri cominciò ad assalirlo.
Mentre era in preda al dolore scorse due figure che gli si avvicinavano dall’orizzonte. Gli offrirono il braccio, lo misero seduto e gli porsero dell’acqua. La vista cominciò a tornare insieme alla lucidità, e fu allora che vide le armature di quei due, che fino a poco prima gli erano sembrati angeli mandati dal Signore, l’acqua gelida in bocca iniziò a pungergli la gola e sentì i brividi: erano inglesi. E poi, nella nebbia, una donna; <<Chi sei?!>> urlarono i due, <<sono Sophie di Saint-Mont>> e poi tra di loro <<Saint-Mont... è figlia di un Armagnacco!>>
“Donna testarda, aveva deciso di seguirmi, l’avevo supplicata di non farlo, e prima che realizzassi cosa stesse succedendo per sottrarla a quei mostri, vidi la vita lasciare i suoi occhi, uccisa da lama nemica. Quella creatura così pura, senza colpa, senza peccato, in quel momento la sofferenza mi rese un uomo, me l’avevano portata via, dovevo vendicarmi”.
L’odio per gli inglesi crebbe ancora di più per Carlo quando con il Trattato di Troyes minacciarono di sottrargli il trono. Autunno 1422, il principe raccolse le forze e radunò un esercito abbastanza potente da permettergli di essere re, come Carlo VII. La guerra contro l’Inghilterra non andava per il meglio, e fu in quel momento che la strada del sovrano si incrociò con quella di una giovane contadina, dall’animo guerriero. Costei si presentò al cospetto di Carlo come mandata da Dio, con l’incarico di difendere la patria, ma l’unico modo per portare a termine la missione sarebbe stato quello di essere messa a capo dell’esercito. Il re era diffidente: come poteva una donna, peraltro giovane e povera, guidare un esercito in battaglia? Ma la ragazza non si arrese e rivelòa Carlo tre segreti: predisse una futura sconfitta che avrebbe subito la Francia, rivelandone data e luogo, poi indicò una chiesa, svelando la presenza di una misteriosa spada conficcata nel pavimento dietro l’altare maggiore; le guardie reali corsero a controllare, e incredule la trovarono. Come ultima conoscenza che possedeva per coinvincere il sovrano della natura divina della sua venuta, le bastò pronunciare un nome: Sophie. <<Mio re, concedetemi di portare a termine questo incarico ed io vi prometto che la vendicherò, questa sarà la mia prima ed ultima impresa e la mia ragione di vita.>>
In soli due anni Giovanna D’Arco liberò gran parte della Francia, uscendo trionfante da imprese che sarebbero state all’altezza dei più grandi regnanti. E poi, concluso il suo incarico, una volta catturata, Carlo decise di lasciarla alla sua sorte in mano nemica. E come Cristo nelle sacre scritture si lasciò al suo destino senza alcun intervento del Re dei cieli, così anche il re di Francia non interferì in ciò che le stessa aveva predetto. E dunque morì, uccisa dagli stessi carnefici della prima vittima, e in nome del suo amore, Carlo ne tenne immacolata la memoria.
~Irma Cioffi, Sofia Cinque, Fabrizio Marinelli e Francesco Masucci
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