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Il mancato successo di Bernie Sanders


Probabilmente, le elezioni americane sono state uno degli eventi più in vista del 2020 e ciò, fin dal dopoguerra, accade ogni quattro anni, dato che, d’allora, l’Europa si interessa delle vicende degli USA. Ma perché le presidenziali americane hanno questa notorietà? Ciò è dovuto al fatto che sono coinvolti solo due partiti, due candidati e i delegati che influiscono sui conteggi: questo, infatti, crea una ‘personalizzazione’ enorme che le rende più simili ad uno show che a un serio dibattito, come dovrebbe essere. Questo scaturisce dal fatto che gli Stati Uniti, la repubblica presidenziale più antica del mondo, mantengono le stesse norme e, dunque, la stessa legge elettorale di 250 anni fa. Quando Washington diresse la stesura della Costituzione, volle renderla adatta ai coloni americani del diciottesimo secolo, che non avrebbero compreso un sistema con più partiti e senza interferenze esterne. Il fisso bipartitismo, tuttavia, non consente una scelta politica variegata, perciò un partito punta ad essere fruibile alla massa, più che esprimere la sua ideologia: i democratici, infatti, hanno negli anni favorito personaggi politici moderati e carismatici come l’attuale presidente eletto Joe Biden e scartato candidati come Bernie Sanders.

È necessario parlare di questi candidati non “ideali “ per i liberals perché anch’essi hanno idee politiche valide e storie interessanti, e uno di questi è lo stesso Sanders. Egli nacque nel 1941 a New York da una famiglia ebraica polacca emigrata in America a causa delle persecuzioni naziste nella madrepatria occupata. Infatti, a 11 anni, fa il bar mitzvah anche se, nel corso della sua vita, non sarà mai ortodosso. Già da adolescente comincia l’attività politica in college a Chicago, diventando rappresentante e definendosi non solo liberal ma apertamente socialista in pieno Maccartismo, cioè nei primi anni cinquanta, quando c’era una caccia alle streghe contro i comunisti. In seguito, si interessa alla questione razziale e assiste ai discorsi di Martin Luther King nel ’63 e dagli anni 80 si candida al Senato, con successo, per più mandati consecutivi. Si trasferisce nello stato del Vermont, diventando sindaco di una città nello stesso stato, e, infine, nel 2016 e nel 2020 partecipa alle primarie democratiche, prima contro la Clinton e poi contro Biden, perdendo in entrambe le occasioni. Dunque, perché Sanders non può vincere le primarie o, addirittura, le elezioni? Come già evidenziato, è un dogma per i democratici non votare per Sanders, in quanto, se il candidato democratico fosse troppo di “sinistra“ gli indecisi sarebbero invogliati a votare per il candidato repubblicano, per paura del cosiddetto “pericolo rosso”, enfatizzato dalla retorica di Donald Trump. Infine, è curioso pensare cosa succederebbe se Sanders vincesse le presidenziali: prima di tutto, bisogna sottolineare che Sanders non è orientato verso un socialismo vero e proprio, ma più verso una democrazia “nordica ” che garantirebbe l’integrazione degli immigrati, sanità pubblica, educazione gratuita, nazionalizzazione delle società e delle banche, la demilitarizzazione della polizia, un minore interventismo e, quindi, una “distensione” con la Cina. Ciò porterebbe gli USA ad una situazione più “europea”, anche se gli scontri interni continuerebbero sicuramente, poiché, in tal caso, tutte e due le fazioni avrebbero un leader deciso nell’ideologia che porta avanti e, dunque, si scatenerebbero rivolte più intense i cui manifestanti, questa volta, sarebbero filo-trumpisti armati, che si macchierebbero di azioni più violente.

Di Alessio Castaldi


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