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Discussione del Merito

Ho deciso, per risultare il più comprensibile possibile, di iniziare il mio articolo con un breve glossario dove spiego quelli che saranno i termini nevralgici dei miei ragionamenti:


MERITO: Ogni forma di responsabilità individuale. È importante sottolineare come tale responsabilità sia da considerarsi "merito" indipendentemente da qualsiasi sua connotazione:

Tanto il socialite avrà Merito della sua popolarità quanto l'umbratile ne avrà della propria solitudine, tanto il diligente ne avrà dei suoi buoni voti quanto il discolo della sua bocciatura.

SCELTA INDIVIDUALE: Ogni forma di decisione operata da parte del singolo nonché unico mezzo a sua disposizione per farsi carico di una responsabilità e, conseguentemente, di assumersi un Merito.

La selezione della facoltà universitaria da frequentare rappresenta una Scelta Individuale e comporta una presa di responsabilità, la scelta di quali azioni acquistare anche, quella di essere un genitore assente pure.

CONTESTO: Insieme delle condizioni che si presentano all'individuo indipendentemente dalla sua volontà. Nascere in Italia è un fattore contestuale, vincere alla lotteria è un fattore contestuale, anche morire investiti è un fattore contestuale.

Nel testo che segue useremo i termini "fortunato"/"sfortunato" per definire chi abita un Contesto che gli sia favorevole/sfavorevole.



Dal 1867* ad oggi ogni articolazione del dibattito politico è orbitata attorno alla stessa, monolitica, questione: cosa pesa di più per la realizzazione dell'individuo? Merito o Contesto?

È in base alla risposta che si dà a questa domanda, infatti, che si smistano le casacche partitiche:

Ogni ideologia riconducibile alla sinistra si fonda sul presupposto che per lasciar fiorire l'identità degli uomini sia necessario un appianamento dei loro Contesti e quindi urga una "democratizzazione del benessere". Il contraltare destrorso, invece, vede nel Contesto soltanto un'inezia e trova nel Merito l'unico fattore significativo per l'autorealizzazione dell'individuo, spingendo di conseguenza per porre meno limiti possibili alle sue Scelte Individuali. Alle orecchie di un liberista infatti le lamentele di chi si lascia sopraffare dal proprio Contesto suoneranno come insopportabili geremiadi. Specularmente, il socialista vedrà il benessere di un fortunato come poco più di una prebenda, mentre la stessa condizione apparirà quasi utopica per uno sfortunato.


Fatta questa lunga introduzione è dunque il momento porci il fatidico interrogativo: Merito o Contesto?

Negli ultimi centocinquant’anni la questione ha infiammato non pochi salotti filosofici, ed anche a me, confesso, fa gola la possibilità di entrare nell'albo degli intellettuali che ne hanno dibattuto: per riuscirci mi basterebbe scegliere una delle due alternative e difenderla con ogni possibile argomentazione. Sarebbe facile, molto, ma non lo farò.

Chissà, infatti, quanto arrossirebbe l'intellighenzia sopra citata scoprendo che era sufficiente un epigramma per liquidare il nodo gordiano: il Contesto decide gli estremi entro i quali si può muovere un individuo, il Merito segna dove, tra gli estremi posti, l'individuo finisce effettivamente per collocarsi. È semplice!

Troppo, semplice. L'unica ragione per cui al momento questa risposta potrebbe soddisfarci è che abbiamo saltato un passaggio; in effetti prima di chiedersi chi pesi di più tra Merito e Contesto c'è un'altra questione da sollevare: esiste il Merito?

Siffatta domanda, che ad una prima occhiata potrebbe apparire di semplice risoluzione, nasconde in realtà non poche insidie, aggirabili soltanto se si prende il problema alla larga. Ecco, quindi, che ci sarà necessaria una digressione:

Piaccia o meno, la chimera secondo cui il nostro pensiero (e consecutivamente anche le nostre Scelte Individuali) sia timonato da un arbitrio astratto e assoluto - teoria ormai in crisi dal 1944** - è ad oggi perorata solamente da sparuti pensatori ribelli, tutti cronicamente rincantucciati in esoterismi accoglienti quanto irrazionali.

Si può infatti prendere per assodato che, per quanto libere possano figurarcisi le nostre Scelte Individuali, queste siano in realtà il risultato di una perentoria configurazione neurologica, la quale, al pari di qualsiasi manifestazione fenotipica, dipende soltanto da due fattori: ambiente e genotipo.

Quanto all'ambiente sembra esserci ben poco da sindacare sul fatto che sia da considerarsi un fattore contestuale (anzi, rappresentando l'ambiente la somma di tutti i fattori contestuali, potremmo addirittura dire che "ambiente" sia solo un sinonimo di "Contesto").

E il genotipo?

Considerando che il singolo viene foggiato esclusivamente da delle draconiane disposizioni genomiche (oltre che, anche qua, dall'ambiente circostante), sostenere che l'individuo possa avere qualsivoglia forma di ascendente sul proprio DNA sarebbe una chiara inversione dei rapporti d'influenza. Di conseguenza possiamo asserire che anche il genotipo sia un fattore contestuale.

Ricapitolando: ogni Scelta Individuale è dovuta alla configurazione neurologica di chi la compie, la quale viene fucinata a sua volta da due fattori, ambiente e genotipo, entrambi inequivocabilmente contestuali. Rileggendo a ritroso il suddetto compendio possiamo dunque osservare come il sistema nervoso, motore di ogni Scelta Individuale (e perciò di ogni Merito!), dipenda esclusivamente dal Contesto, confluendo anch'esso, quindi, nei fattori contestuali. Il medesimo ragionamento si può ora allargare alle Scelte Individuali, le quali, venendo manovrate dal determinismo di un fattore contestuale quale abbiamo scoperto essere la nostra materia grigia, possono anch'esse definirsi fattore contestuale.

Ma se le Scelte Individuali, che abbiamo preso come assioma essere "unico mezzo per farsi carico di una responsabilità e quindi per assumersi un Merito", sono un fattore contestuale, ossia una "condizione che si presenta all'individuo indipendentemente dalla sua volontà" è evidente che si incorra in un controsenso. Il Merito è infatti da considerarsi "responsabilità individuale", cioè, detto per esteso, l'esito delle decisioni del singolo (è lapalissiano dire che ogni decisione individuale possa esistere unicamente in quegli ambiti della realtà ove il suddetto individuo riesce ad avere influenza), ma tale affermazione cozza irrimediabilmente con l'idea che le Scelte Individuali siano fattori contestuali poiché questa implica che le suddette scelte vadano considerate come settori della realtà sui quali l'individuo, di influenza, non ne ha.

In conclusione, dunque, l'unico modo per risolvere il paradosso è ammettere che, dipendendo il Merito soltanto dal Contesto ed appartenendo quindi anch'esso all'insieme dei fattori contestuali, l'idea di Merito trattata in questo articolo non sia che un'illusione.


Giunti a questa risoluzione rimane solo un'ultima domanda da porci: Può, la morale capitalista, sopravvivere alla dicotomia Merito-Contesto?

L'idea che un essere umano guadagni cifre da capogiro mentre milioni di suoi simili si contendono le briciole trova giustificazione, generalmente, nell'asserzione secondo cui l'umano eletto abbia meritato i suoi profitti, eppure, alla luce della natura ircocervica del Merito, è evidente che quest'argomentazione venga meno. Alle disuguaglianze dunque non rimarrà che un'ultima scusante: ogni forma di disparità economica - si potrebbe dire - non è che il prodotto iatrogenico di un sistema che sul lungo periodo accresce la ricchezza collettiva e che, di conseguenza, finisce per innalzare anche la condizione dei più poveri. Pure questo, a dire il vero, è un alibi alquanto claudicante, ma trattare la questione richiederebbe un articolo a parte e, avendo già superato gli 8000 caratteri, non mi sembra il caso di procedere oltre. Per il momento quindi glisserò sul discutere la retorica legittimante del capitalismo: avrò pietà del mio lettore, tutto sommato se l'è meritato.



*1867: data di pubblicazione de Il Capitale, opera madre del socialismo moderno.

**1944: anno durante il quale, pur senza conoscerne la struttura, si iniziò ad intuire il ruolo del DNA.



Francesco Nicodemi

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