AVERE UN DCA
“Stasera è meglio che non mangio”, “vorrei avere la pancia come la sua”, “mi metto una felpa larga così non si vede la pancia”, “ho buttato la cena nel gabinetto senza farlo vedere a mamma”, “il numero sulla bilancia è aumentato, non mangio per qualche giorno”. Chi non lo prova non lo capisce, chi non lo vive lo sottovaluta. Lo sguardo di tua madre che cambia quando le dici “non ho fame”, vedere quest’ultima imboccarti per farti mangiare, inventarti il pranzo che hai fatto da dire alla tua migliore amica quando ti domanderà sistematicamente ogni giorno “che hai mangiato oggi”, imparare a sorridere a comando e dire il solito “sto bene” alla domanda “come stai?”, supplicare le proprie amiche di non dire nulla a tua madre per non vederla di nuovo triste, mangiare in presenza di altri per non far preoccupare nessuno, coprirsi la pancia con le braccia quando si indossa qualcosa di attillato. Sono queste alcune delle tante situazioni in cui si ritrova chi soffre di DCA (disturbi dei comportamenti alimentari. La linea che separa la realtà dall’aspettativa esteriore non è sottile. L’apparenza inganna, chi ti sembra star bene, spesso indossa una grande maschera che si è costruito nel tempo. “Stai tranquilla passerà”. No, non passerà, ci farai solo l’abitudine. “Guarda che non sei grassa”. No non lo sono è vero, ma il mio cervello, i miei occhi non la pensano così. Non è facile. Lo specchio diventa il tuo peggior nemico, i social il secondo. Ma detto sinceramente, il primo vero nemico sarai sempre te stesso, la tua mente. Chiamatela fragilità, chiamatela insicurezza, chiamatela come volete, sta di fatto che non è facile.
Tutto questo è avere un DCA.
Una tematica molto importante e più diffusoa di ciò che immaginiamo . La affrontiamo ogni anno in educazione civica con il calendario civile del Liceo Mercalli.
Mi viene da dire: coraggio! Non sei sol*!
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