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Immagine del redattoreRedazione Sisma

Le violazioni di diritti a Xinjiang

A Xinjiang in questo momento è in corso una grave violazione dei diritti umani, e ci chiediamo quanto ne sappia l'Occidente. Sin dal 2016 si manifestano i primi sentori di questo fenomeno, in seguito all'arrivo nella regione da parte del Segretario del partito comunista cinese Chen Quanguo. La Cina, già da tempo avversa alle minoranze Mussulmane, ha istituito del "campi di rieducazione" all'interno dei quali avvengono atrocità. Il governo, appoggiato dall' ETIM (East Turkestan Islamic Movement), si giustifica alle accuse dell'ONU affermando che lo scopo dei campi è quello di rieducare i cittadini, alludendo agli attentati terroristici islamici.

Ma cosa avviene veramente in questi campi? Le informazioni sono molto poche, poiché coloro che sanno qualcosa vengono messi a tacere da alcune telefonate sospette, che minacciano la persona di uccidere un parente o una persona a loro cara se dovessero lasciar trapelare qualche informazione. Ai detenuti non è permesso utilizzare dispositivi per mettersi in contatto con i propri familiari, tranne che in alcuni casi rari, dove sono però sorvegliati.

Il nucleo familiare il cui padre è stato internato viene solitamente affiancato da un membro del partito comunista cinese per la "rieducazione".  I minori di tali nuclei vengono, a loro volta, condannati e sottoposti a torture per la professione della religione islamica.

Una delle testimonianze più importanti ci è stata fornita da Gulbahar Haitiwaji, ingegnere rifugiata in Francia assieme al marito, pur non essendo animata da una particolare passione per la poilitica, si è dimostrata molto attiva nelle indagini.

La donna ricevette una chiamata che le chiedeva di tornare in Cina per firmare alcuni moduli riguardo alla sua pensione, ma una volta arrivata in aeroporto fu portata in una delle "scuole", così definite dai cinesi. Fu costretta ad aspettare  un anno prima di essere convocata per  un falso processo,  senza nemmeno un avvocato, per poi essere condannata a sette anni di carcere. Lì,  racconta, lei e le sue compagne di cella furono rasate a zero, costrette ad indossare una divisa e sottoposte a undici ore al giorno di rieducazione, una sorta di lavaggio del cervello, costrette a ripetere diverse volte, le stesse frasi, e a farsi delle "vaccinazioni", che Gulbahar Haitiwaji sospettava essere sterilizzazioni. Spesso i detenuti arrivavano anche a perdere la memoria, come racconta con maggiori dettagli nel suo libro "Sopravvissuta a un gulag cinese". Gli attivisti hanno stimato circa un milione di deportati, e i satelliti hanno mostrato 16000 moschee distrutte nel territorio cinese. Ciò che sta avvenendo è spaventosamente simile alla Shoà,  e quindi invito tutti i lettori e incoraggiare la diffusione di queste notizie, per essere più consapevoli di ciò che sta avvenendo intorno a noi.

-Aurora Canale

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