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Immagine del redattoreRedazione Sisma

La democrazia è fragile


Non poteva che terminare nel disordine sociale la campagna elettorale che negli ultimi mesi aveva visto contrapporsi vivacemente il candidato democratico Joe Biden e l'allora presidente in carica Donald Trump.

Aria di tensione, senza precedenti, che esplode il pomeriggio del 6 gennaio 2021.

La notizia della vittoria democratica spiazza Trump che, arrampicandosi sugli specchi, accusa l'avversario di brogli elettorali e invita, attraverso Social media e comizi, il proprio pubblico a marciare verso il campidoglio, sede della riunione del congresso che avrebbe ratificato una volta per tutte la vittoria di Biden, trascurando la votazione e quindi la volontà degli elettori.

La folla infiammata da quanto dichiarato dal Miliardario Repubblicano si ritrova a Washington e fa irruzione nel campidoglio, incontrando come unica forza di resistenza una manciata di guardie non pronte a prevenire una tale sommossa.

I parlamentari e i dipendenti in servizio sono evacuati o nel peggiore dei casi segregati nelle stanze del parlamento mentre i “Trump supporters” saccheggiano e distruggono il palazzo di Capitol Hill.

La situazione sembra degenerare sempre di più fino a quando l'intervento della guardia nazionale e delle sezioni antisommossa di polizia non riescono a sedare la protesta arrestando ben 57 protestanti.

Il bilancio in vite umane è salato: 5 sono i morti, fra cui un agente di polizia e 4 protestanti, e ben 13 i feriti complessivi.

Per Trump è solo l'inizio di un calvario legale che lo vedrà imputato per la seconda volta in un processo per impeachment, stavolta con l'accusa di istigazione all'insurrezione, per gli eventi che si sono verificati il 6 gennaio 2021, terminato solo il 13 febbraio con l'assoluzione dell'ex presidente per 57 voti “pro-condanna”, 10 in meno alla soglia minima per l'esecrazione.

Una guerra fredda, questo è il risultato.

“La democrazia è fragile”.

Questa è la frase con cui ha esordito il neoeletto presidente Joe Biden, sottolineando che “anche se il voto non ha portato ad una condanna, la sostanza della accusa non è in discussione”.

Il dibattito si è dilungato per giorni e giorni, mostrando all'America e al mondo intero la fragilità del sistema governativo statunitense.

Tutto ciò che era scontato ora non lo è più, a partire dall'importanza che si dava al proprio voto arrivando, purtroppo, al peso del proprio contributo sociale.

La domanda che resta da farsi è una sola: per quanto ancora possiamo affermare con assoluta certezza che gli ideali di libertà e uguaglianza su cui getta le proprie basi la nostra società siano saldi nelle menti di chi ci governa?


Riccardo La Regina

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