Nel mese di marzo, è stato finalmente raggiunto un importantissimo traguardo per la Spagna: la legalizzazione sia dell’eutanasia, ovvero la morte con l’assistenza del personale medico, sia del suicidio assistito, in cui il paziente assume autonomamente il farmaco prescritto, approvati con ben 202 sì, 141 no e due astensioni.
Per assicurarsi della reale, libera e consapevole scelta del paziente, la legge, che entrerà in vigore a giugno, prevede un iter ben preciso. Questo consiste innanzitutto nell’accertamento dell’esistenza di una malattia “grave e incurabile” o una patologia “grave, cronica e disabilitante” del cittadino spagnolo o regolarmente residente in Spagna, e successivamente la presentazione della richiesta in quattro diverse occasioni, con il consenso di almeno due medici estranei al caso. Inoltre, ogni membro medico-sanitario coinvolto nella pratica, sarà libero di rifiutare di prender parte all’attuazione della procedura.
Quello della Spagna, quarto paese a livello europeo e settimo a livello mondiale insieme a Canada, Nuova Zelanda, Olanda, Belgio e Lussemburgo, non solo è un obiettivo molto significativo per la singola nazione, ma lo è anche per tutto il resto del mondo, che troppo spesso giudica questa scelta come immorale, come un vero e proprio omicidio di cui lo Stato si macchia in quanto complice.
Ebbene, il diritto alla vita dovrebbe essere accompagnato dal diritto di scegliere in assoluta libertà di terminarla dignitosamente, senza le catene della sofferenza di una malattia incurabile che leghino ad una condizione certamente più vicina alla morte che alla vita stessa.
Francesca Briglia
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