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Cosa fa l'ONU in caso di violazione dei diritti umani?


Nell’immediato secondo dopoguerra, con l’obiettivo prioritario di mantenere la pace e la sicurezza internazionale, nacque l’Organizzazione delle Nazioni Unite, accanto alla quale si verificò un profondo rinnovamento del diritto internazionale, cioè il sistema di norme e principi posti al di sopra delle singole realtà nazionali: nel 1948, 48 stati membri su 58 votarono a favore della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, un documento che sancisce i diritti innati ed universali della persona. Il testo fu dunque adottato dall’assemblea generale dell’ONU, la quale due anni prima, nel 1946, aveva già istituito una Commissione dei Diritti Umani.

Nel 2006 la Commissione è stata sostituita dal Consiglio dei Diritti Umani, il cui compito è promuovere il rispetto universale per la protezione di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali per tutti, senza distinzione alcuna.

Esso può ricorrere ad una procedura speciale, ossia un particolare meccanismo non giurisdizionale di monitoraggio e promozione dei diritti umani, ai fini di analizzare la situazione in uno specifico Paese (“mandato per Paese”) o determinate questioni legate al rispetto dei diritti umani in ogni parte del mondo (“mandato tematico”). Essa può essere eventualmente richiesta da uno Stato membro o su segnalazione di un'organizzazione per il rispetto dei diritti umani, in base alla procedura di reclamo. Il Consiglio decide, attraverso votazioni a maggioranza, se sia opportuno aprire o meno la procedura: in caso affermativo un gruppo di esperti, guidato da uno dei 29 rappresentanti su cui conta l’Organo, si reca di persona nel territorio interessato per una sorta d’ispezione.

Il Consiglio valuta in riferimento al rapporto fornito se si è effettivamente verificata una violazione dei diritti umani e può imporre con una risoluzione il ripristino degli stessi.

Bisogna però precisare che la risoluzione non è vincolante ed il Consiglio non può imporre una sanzione per la violazione dei diritti umani (adottare sanzioni o embarghi è prerogativa del Consiglio di Sicurezza dell’ONU).

Attualmente gli stati nei confronti dei quali è stata aperta una procedura speciale sono 10: Birmania, Burundi, Cambogia, Congo, Corea del Nord, Haiti, Israele, Somalia, Sudan ed Uzbekistan. Tuttavia, i paesi in cui sono stati riportati dei casi di violazione di diritti umani sono ben di più. Infatti, in più di novanta stati del mondo è in vigore pena di morte, nonostante la “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” sancisca il diritto alla vita e proibisca le pene crudeli. Tra questi paesi ci sono il Guatemala, l’Iran, l’Ucraina, la Russia, gli Stati uniti e la Cuba. In secondo luogo, la tortura viene adoperata in più di centoventi paesi e colpisce migliaia di persone ogni anno. Essa è praticata anche in paesi in cui non è formalmente consentita, in generale ai danni di civili in custodia delle forze dell’ordine, evidenziando spesso una diffusa mentalità razzista.

Ciò che ognuno di noi può fare, nel suo piccolo, per contrastare queste brutalità è cercare di divulgare queste informazioni ai propri conoscenti, in modo da essere coscienti di quali sono i diritti umani e consapevoli delle loro violazioni del mondo, per poter sperare in un mondo migliore nei prossimi anni.


Mattia Carlotto

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