Sono passati più di due mesi dalla caduta di Kabul nelle mani dei taliban, organizzazione di studenti islamici afghani di ideologia fondamentalista, ed ora il paese si trova stretto tra una seria crisi umanitaria e il rischio imminente di un collasso socioeconomico.
La crisi umanitaria è certamente una diretta conseguenza del regime talebano, ma, secondo il WFP (World Food Programme), la situazione era già instabile prima del 15 agosto: 18 milioni di persone bisognose di assistenza umanitaria, 14 milioni di persone in condizione di insicurezza alimentare acuta, più di 2 milioni di bambini a rischio di malnutrizione. Dati che già da soli spazzano via ogni tipo di speranza, ma non è finita qui. Il governo talebano ha mostrato di non voler scendere a compromessi per quanto riguarda la tutela dei diritti umani: aveva preso l’impegno di salvaguardare l’istruzione ed il lavoro delle donne, tuttavia lo ha fatto all’interno di un rigido “quadro islamico” che ha già spinto 3 milioni di donne a rinunciare ai propri studi. Questa, più altre gravi situazioni di violazione dei diritti umani, ha portato ad una presa di posizione inflessibile da parte delle Nazioni Unite, che non vogliono abbandonare il popolo afghano e nel contempo non intendono riconoscere ed accettare il governo dei taliban. Come aiutare quindi gli afgani senza sostenere il nuovo regime? Dare aiuti direttamente alla popolazione attraverso il WFP e l’Unicef è la scelta presa dal G20 durante le riunioni tenute il 12 ed il 16 ottobre, in seguito alle quali si è deciso di stanziare un miliardo di dollari. Allo stesso tempo, però, gli aiuti al governo per lo sviluppo del paese, come anche l’aiuto finanziario prestato durante la guerra, fino ad ora sono stati bloccati. Ma ciò che ha davvero messo in ginocchio l’Afghanistan è il congelamento dei fondi internazionali afgani investiti nelle banche estere. Se da una parte questa era l’unica risorsa di cui le Nazioni Unite disponevano per spingere i taliban sulla strada della trattativa, d’altra parte il taglio sui fondi ha creato danni in modo assai maggiore e terribile alla popolazione, la stessa che le potenze mondiali stanno cercando di tutelare. L’impossibilità di accedere ai propri risparmi, il blocco degli stipendi, i prezzi del cibo aumentati a dismisura sono tutte conseguenze della crisi della liquidità.
L’intento dichiarato della comunità internazionale è di aiutare e sostenere la popolazione afghana e limitare l’integralismo talebano, un progetto che apparentemente fa onore ai paesi occidentali che si propongono come difensori dei diritti umani. Tuttavia c’è da chiedersi se l’atteggiamento occidentale non nasconda altri fini, domanda la cui risposta dovrebbe pesare sulle nostre coscienze: bloccare quei fondi tanto indispensabili con il velato scopo di incitare i cittadini alla rivolta costringendo così il regime integralista alla resa oppure per altri fini geopolitici è davvero un modo democratico di salvare un paese?
Per approfondire:
Beatrice Zoccolillo
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